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Business Coaching - Il problema del modello di gestione delle persone

Aggiornamento: 14 giu 2020

Qualcuno dice che dovrebbe esserci un unico modo di gestire le persone in una grande azienda. L'assunto preliminare (sul quale dissento profondamente) si fonda su altre assunzioni di base. La prima è che chi lavora per una organizzazione è dipendente ed è legato a doppio filo all'organizzazione stessa per il suo sostentamento e per la sua carriera. Una seconda assunzione è che i lavoratori debbano essere "subordinati", con competenze inferiori al management e, pertanto, debbano pendere dalle labbra del loro capo. Questo era vero, forse, alcuni decenni or sono ma, oggi, il mercato del lavoro è ormai radicalmente diverso. I lavoratori possono essere dipendenti a tempo pieno, part time, temporanei, esterni a fee, o in chissà quale possibile contratto esistente. Anche se fossero dipendenti full time dell'organizzazione sono da definire davvero "subordinati"? Normalmente, nelle moderne organizzazioni, i lavoratori posseggono alte competenze (dopo l'apprendistato) e, pertanto, sono abbastanza capaci da conoscere il loro lavoro meglio del loro capo.

Se aggiungiamo che, molto spesso, i loro capi non hanno mai svolto le mansioni ricoperte dai loro "subordinati" oppure lo hanno fatto 10 anni or sono e in tutto un altro modo, la subordinazione va ridefinita.

E' vero, sono "subordinati" gerarchicamente per l'aspetto contrattuale ed organizzativo, per la definizione degli obiettivi ma il loro rapporto, oggi, può essere riqualificato in "collaboratore" dato che in una azienda basata sulle competenze dei singoli il lavoratore specializzato può agevolmente "sabotare" anche il migliore dei capi.

Perciò, oggi, ritengo che i lavoratori maggiormente qualificati debbano essere trattati come fossero dei "volontari", seppur pagati.

La prima conseguenza di questo nuovo assunto è che non è certo la retribuzione la migliore motivazione per questi "volontari" ma, come tutti i "volontari" possono trarre motivo di agire dalla soddisfazione in quello che fanno, dalle sfide, dalla mission, dal crederci.

I dipendenti vanno trattati come "partner", definiti dalla uguaglianza... non si danno ordini, si persuadono ad agire.... non è più importante la domanda "cosa vogliamo fare?" ma si parte da "cosa vogliono loro? Quali sono i loro obiettivi?".

Il partire dall'organizzare l'attività del lavoratore funziona certamente meno del definire insieme a loro le sfide ed i risultati. Come dice Peter Drucker: "Le persone non si gestiscono. Il compito è guidare i collaboratori e l'obiettivo è rendere produttive le competenze e le conoscenze specifiche di ogni singolo individuo".

Così, nel nostro coaching, ci sforzeremo di individuare degli obiettivi di gestione ben formati che tengano nella dovuta considerazione l'ambiente di riferimento.









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